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92 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Cambio di Prospettiva.

    Negli ultimi tre mesi, ho attraversato un periodo di stallo mentale che ha messo a dura prova la mia creatività e il mio benessere emotivo. Mi sentivo intrappolata in una sorta di nebbia mentale, incapace di trovare l'ispirazione o di prendere decisioni chiare. Ogni giorno sembrava una battaglia contro la mancanza di motivazione e chiarezza mentale. Tuttavia, tutto è cambiato quando ho ricevuto una sorprendente notizia lavorativa che ha scosso il mio mondo. È stato come se un interruttore dentro di me si fosse improvvisamente acceso. La sensazione di vitalità e di energia che ho provato è stata immediata, e ho potuto percepire chiaramente il mio cervello che ingranava come una macchina ben oliata. Sono rimasta affascinata dal potere che un cambiamento di prospettiva può avere sul nostro stato mentale. Quella buona notizia ha fatto molto più di sollevare il mio spirito; ha agito come un catalizzatore che ha liberato una cascata di pensieri e idee che sembravano inceppati. Dal punto di vista psicologico, questo evento ha dato il via a una vera e propria reazione a catena. L'emozione positiva che ho sperimentato ha attivato nel mio cervello una serie di processi che hanno influenzato il mio stato d'animo, la mia percezione delle situazioni e persino la mia percezione di me stessa. Mi sono sentita più motivata che mai, con una chiarezza mentale che sembrava quasi rinnovata. Le soluzioni ai problemi che prima sembravano insormontabili ora si presentavano chiare e accessibili. Non solo ho ripreso il controllo della situazione, ma ho anche riacquistato fiducia nelle mie capacità. Questo cambiamento di approccio ha dimostrato quanto sia potente la mente umana. Ha confermato che a volte, anche quando sembra che tutto sia in stallo, una scintilla di positività può essere sufficiente a far ripartire il motore della creatività e della produttività. Oggi, guardando indietro a quei tre mesi di stallo mentale, vedo quell'evento come un punto di svolta cruciale. Mi ha insegnato che il nostro stato mentale non è una condizione statica, ma può essere influenzato e modellato dalle esperienze e dagli eventi che incontriamo lungo il percorso. Ciò che sembrava un ostacolo insormontabile si è rivelato essere una potente lezione su come la nostra mente può trasformare le sfide in opportunità.

  • Conversazioni Inaspettate.

    Stamattina ho assistito a un'incontro sorprendente tra due giovani amici, probabilmente di circa 9 o 10 anni. Mentre si divertivano giocando a pallone, ho sentito che iniziavano a parlare di "stereotipi". Uno dei due ha chiesto all'altro cosa ne pensasse e se fosse normale che un ragazzo debba giocare a calcio, mentre una ragazza debba dedicarsi alla danza, senza poter invertire i ruoli. La risposta della bambina è stata semplice ma significativa: "Perché non giochiamo a palleggiare?". Forse non conosceva il termine "stereotipo", forse non aveva ancora una sua opinione formata, o forse semplicemente non sapeva cosa dire. I motivi potrebbero essere molteplici, ma una cosa è certa: a casa di quest'altro bambino, si affrontano e si discutono determinati argomenti. Educare i propri figli senza pregiudizi richiede impegno e consapevolezza. Spesso, i pregiudizi possono essere radicati nella cultura, nella società o nelle esperienze personali, e possono influenzare la percezione e il comportamento di una persona. Affrontare questa sfida con obiettività significa guardare al di là degli stereotipi e delle concezioni preconcette. Significa essere aperti a diverse prospettive e permettere ai propri figli di esplorare e comprendere il mondo senza vincoli limitanti. Questo approccio implica anche promuovere la diversità, favorire l'esposizione dei bambini a diverse culture, religioni, etnie, orientamenti sessuali e abilità. Inoltre, stimolare il pensiero critico, incoraggiare i bambini a fare domande e a analizzare le informazioni, sviluppa la loro capacità di valutare in modo indipendente ciò che vedono e sentono. Essere un modello di comportamento è fondamentale, poiché i genitori sono il primo punto di riferimento per i loro figli. Mostrare apertura mentale, rispetto per gli altri e accettazione della diversità è essenziale per insegnare loro a fare lo stesso. Allo stesso modo, parlare apertamente di pregiudizi e stereotipi offre ai bambini la possibilità di comprendere cosa sono e come possono influenzare le persone, promuovendo la tolleranza e il rispetto. Supportare la libertà di scelta è un altro aspetto cruciale, consentendo ai bambini di esplorare i loro interessi e di scegliere attività, hobby e percorsi educativi in modo libero, senza limitazioni basate su stereotipi di genere o altre concezioni predefinite. Infine, essere consapevoli dei media e della cultura pop è importante, poiché possono perpetuare stereotipi e rappresentazioni distorte della realtà. Monitorare e discutere ciò che i bambini vedono nei film, nei programmi TV e nei libri può aiutare a sviluppare una consapevolezza critica e una comprensione più profonda della diversità nel mondo che li circonda. Quanti di noi hanno modificato il finale di favole come Peter Pan o Cenerentola per renderli più inclusivi e meno influenzati da stereotipi di genere? Ricordiamoci che sono le piccole conversazioni come queste a plasmare la prossima generazione e a contribuire a un futuro più inclusivo e aperto.

  • Esperienza da Influencer.

    Uno dei corsi che ho seguito con grande attenzione è stato Digital and Social Media Management. In particolare, ho approfondito il tema della Digital PR & Influencer Marketing, un percorso formativo che mi ha fornito una visione dettagliata del mondo degli influencer e di come essi possano influenzare le dinamiche digitali. Un bel giorno ho deciso di intraprendere l'avventura di far diventare mia figlia Giordana un'influencer, più per gioco che per lavoro. Volevo capire meglio come funzionasse questo mondo, svincolando l'esperienza da qualsiasi aspetto professionale. Tuttavia, quello che ho scoperto è che questa impresa è tutt'altro che semplice, e dopo appena due settimane, ho realizzato che non faceva per me. L'ascesa degli influencer è un fenomeno affascinante che ha catturato l'attenzione di molte persone. L'idea di condividere passioni e interessi con una vasta comunità online è allettante. Volevo sperimentare questa realtà, anche solo per un breve periodo, per capire meglio cosa comportasse. Tuttavia, ciò che non avevo previsto erano le sfide che avrei incontrato lungo il percorso. Gestire un account influencer richiede tempo, impegno e una certa conoscenza tecnica. Ma a un certo punto mi sono posta una domanda: "A livello psicologico, la mancanza di like o nuovi follower potrebbe influire sull'influencer?" Credo che a livello psicologico, la mancanza di like o nuovi follower potrebbe certamente avere un impatto sull'influencer. Sicuramente può variare da persona a persona e dipende da numerosi fattori, come la personalità dell'influencer, le sue aspettative e le sue esperienze passate. Alcuni influencer potrebbero essere in grado di gestire questa situazione senza problemi, mentre altri potrebbero sentirsi frustrati o delusi. In ultima analisi, è un aspetto complesso e vario che può influenzare l'individuo in modi diversi. Nonostante non abbia mai avuto l'intenzione di intraprendere seriamente la carriera da influencer, ho sentito che immergermi in questa realtà a livello personale avrebbe potuto arricchire notevolmente la mia comprensione del mondo digitale. Per me, le esperienze personali sono una fonte di apprendimento insostituibile. Quello che ho vissuto durante questo breve periodo nel ruolo di influencer (per conto di mia figlia) ha gettato una nuova luce sulle dinamiche online e mi ha fornito spunti e conoscenze che ritengo di grande valore per la mia professione. A questo punto, vi starete chiedendo: influencer no, ma blogger sì? E chi lo può mai sapere?

  • E Fattel' Tu!

    Se c'è una frase che mi accompagna in ogni angolo della mia vita, è sicuramente l'espressione napoletana "E fattel' tu!". Spesso mi ripeto in testa queste parole. Le sento risuonare, quasi come un invito costante a non mettermi in gioco, a non cimentarmi in qualsiasi sfida o compito. In molti mi chiamano per ogni cosa, e lo fanno con una certa fiducia. Perché sanno che non ho paura di affrontare l'ignoto? Sono diventato il tuttofare di tutti. Questa predisposizione a mettermi in gioco non è solo una caratteristica personale, ma è diventata una sorta di "modus operandi". Da un lato ho imparato che non c'è limite a ciò che possiamo fare, basta avere il coraggio di provarci; ma dall'altro essere il "fattotum" di turno è molto impegnativo. Ogni volta che accetto una nuova sfida, che mi lancio in un nuovo progetto, imparo qualcosa di nuovo. Scopro nuove abilità, sviluppo nuove competenze e amplio i miei orizzonti. E sebbene talvolta possa sembrare scoraggiante, la gratificazione che deriva dal vedere i risultati del proprio impegno è impagabile. Ma c'è un'altra dimensione di questa filosofia che non va trascurata: l'empowerment degli altri. Il mio essere disponibile e pronta a cimentarmi in qualsiasi attività talvolta non sembra per niente essere contagioso. Spesso vedo le persone intorno a me che non osano e la maggior arte delle volte mi trovo sola in questa avventura. È come se la mia predisposizione a NON dire "E fattel' tu!" creasse un effetto a catena, ma una catena rilegata solo attorno a me. È importante trovare un equilibrio. Essere disponibili e pronti a mettersi in gioco non significa dover fare tutto da soli. In fondo, il vero spirito di questa filosofia è quello di incoraggiare tutti a credere nelle proprie capacità e a non temere l'azione. "E fattel' tu!" non è solo una semplice espressione, ma una vera e propria filosofia di vita. È l'invito a superare le proprie paure, a mettersi in gioco e a scoprire nuove potenzialità. È un richiamo a credere nelle proprie capacità e a non temere l'ignoto. E, alla fine, è il segreto per diventare il tuttofare di tutti, ma con orgoglio e soddisfazione.

  • Un pilastro alla volta.

    La vita da mamma e imprenditrice è un'esperienza straordinaria, ricca di gioie e sfide. La mia avventura è stata arricchita da una preziosa prospettiva: ho conosciuto mio marito, Adriano, sul posto di lavoro. Per anni, abbiamo condiviso gli stessi ambienti lavorativi e spesso anche idee contrapposte su come affrontare determinate situazioni. I contrasti erano inevitabili, ma proprio da quei confronti è nata una dinamica speciale. Abbiamo imparato a rispettare le diverse prospettive e a trovare soluzioni innovative. Quando la nostra relazione è passata dalla sfera lavorativa a quella personale, mi sono resa conto di quanto quel periodo di collaborazione abbia inciso positivamente sulla nostra comunicazione. Incontrarsi fuori dall'ufficio, con una nuova luce e un nuovo ruolo, è stato come scoprire un lato di Adriano che non avevo avuto modo di conoscere prima. Oggi, quando ci troviamo di fronte a decisioni importanti o momenti di scontro, so di poter contare su una comprensione reciproca che va al di là del semplice rapporto familiare. Grazie a quella preziosa fase di lavoro insieme, riesco a vedere Adriano non solo come mio marito, ma anche come un partner di squadra, capace di affrontare le sfide insieme a me. Un elemento cruciale all'interno della nostra relazione è la capacità di comprensione reciproca in situazioni di tensione o di decisioni importanti. Nonostante occasionali litigi seri, possiamo affermare che il nostro grado di fiducia e apertura nella comunicazione sia abbastanza solido. La fiducia nella comprensione reciproca denota un alto livello di empatia l'uno verso l'altro. Spesso siamo in grado di metterci nei panni dell'altro, di comprendere le prospettive e di rispettare le opinioni. Ci impegniamo per garantire che la comunicazione tra di noi sia efficace. Il passaggio da una relazione strettamente lavorativa a una relazione personale ci ha permesso di sviluppare la capacità di vedere l'altro come un individuo completo, al di là del contesto professionale. Con l'arrivo del nostro bambino, abbiamo scoperto quanto possiamo contare l'uno sull'altro in momenti di tensione, implicando che la nostra relazione è caratterizzata da un forte legame affettivo. L'idea di affrontare le sfide come una squadra, come facevamo sul lavoro, ci consente di collaborare e lavorare insieme per superare gli ostacoli. Nel nostro rapporto, emergono differenze nell'approccio alla risoluzione dei problemi e alla gestione delle difficoltà. Da un lato, c'è chi manifesta una mentalità più aperta, orientata verso una visione positiva delle situazioni critiche, e dall'altro, c'è chi potrebbe mostrare una prospettiva più conservatrice o prudente. Chi ha una mentalità più aperta (me medesima :D) tende ad affrontare le sfide con entusiasmo e creatività. Questa mia prospettiva può portare a soluzioni innovative e a una gestione delle difficoltà con un approccio flessibile, sebbene potrebbe talvolta deviarmi e farmi sottovalutare i rischi potenziali associati a determinate decisioni. Dall’altra parte, la prospettiva più cauta tende a valutare attentamente le opzioni e a considerare le possibili implicazioni a lungo termine. Il nostro approccio bilanciato, però, risulta al momento particolarmente efficace e la nostra esperienza professionale si è trasformata in uno dei pilastri per la vita familiare.

  • Uno sguardo al Grande Fratello.

    La maggior parte delle persone che conosco si sconvolgono quando dico loro di guardare, anche con grande interesse, il Grande Fratello. È un programma televisivo che nasconde dietro di sé una grande strategia, con un team che conosce e sa applicare le regole del marketing televisivo. Come le telenovelas e le serie tv, il GF non è nient’altro che una serie tv ambientata in una casa, la casa. Ogni lunedì (serata della diretta) e pare il giovedì quest’anno, i telespettatori attendono il momento di rivedere o conoscere l’inciucio, le confessioni, i litigi; il team del “dietro gli specchi” del GF crea la giusta suspence da far rimanere incollati al divano per 4 ore circa i telespettatori, creando, sempre, interesse, curiosità, emozioni. Una serie tv che varia da personaggio a personaggio, a seconda delle vicende della casa e dalle strategie che mutano di volta in volta per alzare l’audience. Ritengo che nessun programma televisivo in Italia riesca a mantenere alta l’audience a tale livello, facendoti rimanere sul divano anche durante la pubblicità (tanta, tantissima). La scorsa puntata ho messo “pausa” quando è stata lanciata la pubblicità: sono andata avanti di circa 6 minuti… Tramite la persuasione e la capacità di creare emozioni, si scatenano sentimenti “reali”; i giocatori seppur manipolati sono guidati verso la strada di un pianto, una rissa, un litigio, una storia d’amore: qualsiasi cosa attiri l’attenzione. Il GF è marketing, è marketing emozionale, è personal branding. Vediamo quest'ultimo. Il personal branding è lo strumento con cui si crea prima consapevolezza e successivamente si struttura la propria marca personale; ciò che viene detto, sentito e pensato a livello collettivo dalle persone su di voi e sui servizi che offrite, nella vostra vita privata e professionale. Con il personal branding si influenza l'utenza, attraverso esperienze da far vivere al cliente (Engagement marketing) o diventando capace di influenzare una comunità virtuale (si vedano gli influencer). «You’re branded, branded, branded, branded. [...] Everyone has a chance to learn, improve, and build up their skills. Everyone has a chance to be a brand worthy of remark». Ognuno di noi ha la possibilità di apprendere, migliorare e sviluppare le proprie capacità e tutti hanno la possibilità di essere un marchio degno di nota. Quando Alfonso Signorini ringrazia ciascun concorrente di esser stato “vero” nell’aver raccontato qualcosa di personale, mettendo in primo piano la persona e non il personaggio, diventa semplicemente un messaggero di engagement: trasferisce nello spettatore l’immagine del personaggio che stiamo seguendo, offrendoci “l’opportunità” di vederlo come uno di noi, mettendo a proprio agio il telespettatore, portando sullo stesso livello il concorrente della casa e me seduta sul divano a seguire le loro vicende. Il telespettatore, su 10 concorrenti in media, si immedesimerà in uno di loro, attraverso il racconto delle loro vite private, così come accade nei film, nelle serie o, perché no, nei libri. Esperimento sociologico o meno, con il passare del tempo, è diventato un vero e proprio fenomeno. Perché lo guardo? Perché imparo: imparo strategia di marketing, imparo le tecniche di storytelling, tecniche di editoria e soprattutto perché, aihime talvolta, è realmente lo specchio della nostra attuale triste società.

  • Una corsa al coraggio e tenacia.

    Fermezza e perseveranza nei propositi e nell'azione": tenacia. Una dote che si impara forse, oppure è innata. Molte volte oggi giorno ci si demoralizza e si perde di vista l’obiettivo che ognuno di noi si è posto. Non sempre le circostanze risultano favorevoli e spesso è più semplice dirsi e ripetersi “ci penso domani” piuttosto che prendere coscienza dei fatti, rimboccarsi le maniche e proseguire a testa alta sulla strada che si è scelti di intraprendere. "Forza d'animo connaturata, o confortata dall'altrui esempio, che permette di affrontare, dominare, subire situazioni scabrose, difficili, avvilenti, e anche la morte, senza rinunciare alla dimostrazione dei più nobili attributi della natura umana"; oppure "Sfacciataggine, impudenza": coraggio. Dipende dal carattere la sfacciataggine? Si impara facendosi strada nelle difficoltà? Non so rispondere a questa domanda. È una dote che a volte mi manca, ma che un po' alla volta, per "necessità virtù", sto facendo venir fuori nella vita lavorativa. Si è parlato tanto del perché e del come Elisabetta Franchi abbia detto quello che ha detto sulle donne e i lavori manageriali nella sua azienda. Molti sono stati i post che ho letto a tal riguardo. Due fazioni si sono fatte strada nel web: Pro-concetto: molte figure imprenditoriali hanno definito la Franchi coraggiosa, perché pubblicamente ha dichiarato cosa realmente accade in fase di una selezione all’interno di un’azienda; Abbasso Franchi: commenti sul suo modus operandi e visione arcaica ha inondato il mio LinkedIn. Non identificandomi in nessuna delle due fazioni, perché ritengo al 50% valide le entrambi fazioni, posso però affermare con certezza che è meglio un’azienda che non prende donne a lavorare (… forse eviterei la motivazione del “giro di boa”), piuttosto che quella che assume donne perché richiesto dallo stato per poter accedere ad incentivi; oppure assegnare ruoli di responsabilità a donne alle quali non chiederei nemmeno di andare a comprare il pane e il latte. Ebbene si! Ci vuole coraggio per scrivere queste cose e esprimerle, oggi. Da quando ho sedici anni ho lavorato con e per aziende grandi (…mooollto grandi) e mi sono confrontata con figure professionali (…negli ultimi anni) che non sapevano mandare una mail o non conoscevano terminologie tipo “brief”; che andavano in ansia per una rottura stock o per le linee guida del visual mch. Madre di due figli, attivamente operativa in due società, di cui burocraticamente compaio come CEO, ma per le quali ci dedico anima e corpo, mi sono ritrovata, per scelta e non per necessità, ad inviare la mia candidatura ad aziende medio-alte nel mondo del retail italiano ed essere scartata; mi dicono e mi ripetono, in famiglia, che è perché non ho quel pezzo di carta che stabilisce in un punteggio le mie capacità: la laurea o il master. Senza nulla togliere a chi ha speso la propria adolescenza e metà della fase adulta sui libri… tanto di cappello! Ma da un’azienda che ha tremilaottocento dipartimenti, mi aspetto che alla mail di confronto sul motivo della “non sei stato scelto per questa posizione, però ritenta sarai più fortunato”, quello delle Risorse Umane possa almeno rispondere, non subito, ma almeno rispondere, alla mail di chiarificazione sulle motivazioni per le quali il mio profilo non è stato selezionato. Poi, metto le mani nel fango, mi spacco la schiena e mi guardo attorno. Mi rendo conto che né alla mia squadra né a me mancano competenze e volontà. Ultimamente ci è stato chiesto di supportare un lavoro nella mia città. Serviva gestire, inizialmente, la parte più noiosa, ma necessaria di un qualsiasi progetto: la burocrazia italiana. Da un “minimo supporto”, siamo arrivati ad essere presenti on field attivamente e dover interfacciare con figure a noi omologhe; il delirio! Alcuni direbbero: “perché i napoletani hanno un senso innato nell’adattarsi”; forse è vero, ma è vero anche non si tratta di adattarsi, ma di aprire gli occhi e rendersi conto che alla base c’è qualcosa non va. Un progetto di milioni di euro gestito da personaggi che la professionalità e l’umiltà l’hanno dimenticata strada facendo. Sicuramente una strada che non mi appartiene. Se dipendenti pensanti vengono “parcheggiati” in posizioni stalla; se figure femminili in gamba vengono messe da parte perché vogliono dedicarsi anche alla vita da mamma; se il presidio sul territorio italiano è in mano di pochi e “gira e vota” sempre degli stessi; allora mi chiedo: voglio continuare così o c’è forse la necessità che io, come altri, inizino a dire la propria. E perché no: a raccontarla tutta! Il caos scatenato da Elisabetta Franchi, mi ha dato quella spinta a mettere su carta i miei quotidiani sfoghi casalinghi. Non si tratta di essere femminista o maschilista; forse sarebbe meglio utilizzare l’aggettivo #competentista. A prescindere dal tuo gender (perché cara Elisabetta i giri di boa ci sono anche per coppie gay…) se hai le competenze devi avere e pretendere dal tuo interlocutore di essere preso in considerazione, di essere ascoltato e sentito, di dimostrare con i fatti di essere idoneo o meno per approcciarti ad una nuova strada.

  • Navigando insieme.

    Lavorare con mio padre è un'esperienza che va oltre il mero contesto professionale. È un'opportunità unica di condividere non solo il quotidiano lavoro, ma anche le passioni, le sfide e i momenti di crescita. Questa straordinaria possibilità si è concretizzata nella collaborazione con mio padre all'interno della nostra azienda di famiglia. Una collaborazione che ha rafforzato in modo significativo il nostro rapporto. Oltre al legame familiare, condividiamo anche una connessione nel campo professionale. Questo ha creato una sinergia che ci permette di sostenere e ispirare reciprocamente, arricchendo il nostro lavoro e la nostra relazione personale. Oltre alle competenze tecniche, ha condiviso con me la sua ricca esperienza, raccontandomi delle sfide superate, e non, e dei successi ottenuti. Queste lezioni non solo hanno contribuito al mio sviluppo professionale, ma hanno anche arricchito il mio bagaglio di valori e principi. Avere l'opportunità di lavorare all'interno dell'azienda di famiglia mi ha fatto sentire parte di una tradizione che va oltre il semplice ambito lavorativo. Sento la responsabilità di preservare e valorizzare un'eredità. Naturalmente, lavorare con un familiare può presentare delle sfide uniche. I litigi e i confronti sono continui, ma nel tempo abbiamo imparato a compensarci e a trovare un equilibrio. Molte volte, ci rendiamo conto che non veniamo compresi completamente, ma ciò ha rafforzato la nostra capacità di comunicare e collaborare. È fondamentale saper separare il contesto professionale da quello personale e comunicare in modo aperto ed empatico, anche se ammetto che talvolta ci riusciamo con facilità, mentre altre volte può risultare più complesso. Questa esperienza ha suscitato in noi una visione condivisa. Ogni giorno lavoriamo con l'obiettivo di preservare e sviluppare ulteriormente ciò che abbiamo costruito, non solo per il nostro bene, ma anche per le generazioni a venire. Ci impegniamo a garantire che l'eredità che passiamo sarà ancora più ricca e solida di quanto lo sia stata per noi. Lavorare con mio padre è come navigare, dove le onde dei litigi e i venti dei confronti sono continui. Tuttavia, nel corso del tempo, abbiamo imparato a regolare le vele e a compensarci reciprocamente. Non sempre siamo riusciti a evitare le tempeste, ma abbiamo imparato a gestirle con maturità e rispetto. In questo viaggio, a volte ci siamo persi tra le onde, ma altre volte abbiamo trovato splendidi tesori nascosti. In ogni caso, è un'avventura che non cambierei per nulla al mondo, perché ha trasformato il semplice atto di "lavorare insieme" in un'esperienza di crescita e realizzazione condivisa.

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