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Profilazione affettiva non richiesta.

  • Immagine del redattore: giorgia dublino
    giorgia dublino
  • 27 mag
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 6 giorni fa

La profilazione è un’arte. Lo fanno gli psicologi, gli investigatori… e noi, ogni giorno, senza nemmeno accorgercene. Lo facciamo quando diciamo “è fatto così”, quando anticipiamo una reazione prima ancora che si verifichi, quando pensiamo, con un misto di affetto e rassegnazione, “non cambierà mai”.

Io l’ho fatto con chi conosco meglio: famiglia, amici, figli, anime complementari e disfunzionali che abitano la mia quotidianità come personaggi di una serie scritta da qualcun altro, ma diretta da me.

Non è un censimento. Non è nemmeno un’indagine. È un atto d’amore, con una spruzzata di vendetta poetica, il piacere dolce-amaro di dire le cose come stanno… o almeno come le vedo io.

Sette ritratti, sette schede emotive non richieste, costruite osservando tic, manie, meraviglie e contraddizioni. Uno più riconoscibile dell’altro — e non solo per chi li conosce.

Se vi ci ritrovate: benvenuti, siete in buona compagnia.

Se vi offendete: era ovviamente tutto inventato (ma lo riscrivo meglio, promesso).


Profilo n.1: Adriano, il cambiologo statico

Adriano è l’uomo delle transizioni annunciate. Parla di cambiamento come altri parlano del tempo: un argomento ricorrente, volatile, inevitabilmente inconcludente.

Tre ore per decidere se uscire o meno, ma nel frattempo progetta di cambiare lavoro (oggi), casa (tra un’ora), città (domani). È l’uomo del “sì, mo vengo”, “sì, mo faccio”. Mo, però, è una categoria temporale tutta sua: può durare minuti, mesi, o un’era geologica, a seconda dell’umore e della pressione atmosferica.

Adriano è legato alle sue abitudini come un soprammobile vintage a un mobile anni ’80: stona, ma non si tocca. E guai a sfiorargli il bar sotto casa. Quello no, quello è il suo confessionale laico, il suo posto nel mondo, l’unico punto fisso nell’universo che continua a voler ristrutturare.

Non si accontenta della superficie. Ti sente anche quando non parli. Ha un’intuizione che spesso scambia per pigrizia, ma in realtà sta solo aspettando il momento giusto per sentire se è il caso.

È un sognatore lucido, un creativo pigro, un idealista col magone. Ti guarda, ti ascolta, ti ama in silenzio. Poi si distrae, ma ti ha già capito. In fondo, è un poeta travestito da procrastinatore. Uno che salva il mondo nel tempo libero… sempre che trovi parcheggio.

In poche parole: lo trovi dove l’hai lasciato, con mille idee!


Profilo n.2: Mio padre, con pregiudizio intellettuale incorporato.

Mio padre è un’enciclopedia di contrasti. Un po’ di tutto e tutto, rigorosamente, insieme.

Ci sono i complotti, ovviamente. Qualcuno ce l’ha con lui, da qualche parte. È quasi un dato statistico. Ma c’è anche l’utopia: quella luce accesa in fondo, sempre, che lo fa sperare anche quando impreca.

È speranzoso e critico, come un sognatore che ha studiato economia. Ha mille idee in contemporanea, e se gliene proponi una nuova, lui ti risponde: “Solo una?” Vive di tutto o tutto e subito, ma con la lentezza controllata: determinato, concreto, e testardo con criterio.

Non molla mai una battaglia (nemmeno quelle inventate) perché se qualcosa gli entra in testa, lì resta.

Ha valori incrollabili, radici profonde, e un’adorazione per la bellezza: può discutere per ore su un’idea, un paesaggio o un pezzo di formaggio.

Ma attenzione: è anche un razzista cognitivo. Non nel senso comune (ci mancherebbe), ma nel suo modo molto personale di dividere il mondo tra “quelli che capiscono” e “quelli che no”. Se non reggi il confronto dialettico, sei fuori. Dici una banalità? Cancellato. E se non credi che l’intelligenza emotiva sia la chiave per evolversi… preparati a una dissertazione di due ore con grafici, forse.

Alla fine, però, sotto i complotti e i proclami, c’è uno che ama sul serio. A modo suo. Con forza, senza pausa, e con una soglia di tolleranza altissima per le follie di chi ama davvero.

In poche parole: un pensatore instancabile con lo spirito da rivoluzionario… purché tu sia all’altezza del dibattito.


Profilo n.3: Mia madre, la sovrapposizione

Mia madre è l’emblema. Punto.

Buona e sorridente, ma anche capace di farti passare dalla parte del torto in meno di due battute. Non si fa mai i fatti suoi. Ma non per cattiveria, eh: è che i tuoi fatti, lei li sa spiegare meglio di te. E in fondo, lo fa per aiutarti.

Pianifica la tua vita come se fosse una sua to-do list: dalla scuola dei bambini alla gestione del raffreddore passando per il caffè, che non si prende, ma si incastra nel flusso ottimale della giornata.

Ti propone qualcosa? Di’ “no” e aspetta. Aspetta che il mondo smetta di girare, le piante appassiscano e il cielo diventi nero. È fatta così: empatica, coinvolgente, ma soprattutto convincente per sfinimento.

È una mente multitasking, un radar emotivo in perenne aggiornamento. Un sottofondo costante che, alla fine, è la tua certezza. Perché se è vero che ti sfinisce, è altrettanto vero che ti salva. E spesso, con lo stesso tono.

In poche parole: ama, organizza, anticipa. E se non sei d’accordo, sei solo confuso (secondo lei).


Profilo n.4: Mio fratello, l’equilibrio instabile

Ah, mio fratello…

Qui non servirebbe un paragrafo, ma una collana editoriale: psicologia applicata ad un “essere” vivente.

Diplomatico quanto basta per litigare con eleganza, indeciso con tale grazia da far sembrare ogni esitazione una scelta di stile. Si muove tra armonia e caos con l’andatura di un equilibrista che, mentre cammina sul filo, ti corregge la postura.

È capace di cambiare idea tre volte in un discorso, e di avere comunque ragione (o almeno di fartelo credere). Vive in un eterno “ni”, dove il sì è timido e il no è un dramma esistenziale.

Ma se ami il teatro dell’anima, mio fratello è protagonista, regista e pubblico insieme. In fondo, lo capisci solo se sei nato dalla stessa madre… e hai avuto lo stesso caffè pianificato per sbaglio.

Ama il bello, i dettagli, l’armonia nei gesti. Ma dentro è una battaglia continua tra ciò che sente, ciò che pensa, e ciò che non vuole dire.

In poche parole: ti farà arrabbiare con classe, ma ti vuole bene con onestà.


Profilo n.5: Mia nonna, con carte in mano e memoria d’Archivio.

Mia nonna è la classica borghese napoletana. Foulard impeccabile, anello con pietra vistosa, e uno sguardo che sa esattamente quello che hai fatto anche se non lo sa.

L’amore per la famiglia (a patto che non la contraddica), la devozione assoluta (condita con ammonizioni passive), e una memoria che batte qualunque hard disk, a quasi 90 anni, gestisce ancora le sue bische del lunedì con la puntualità di una riunione ministeriale. Bridge, dolcetti secchi e aggiornamenti. Tutto clandestino, tutto organizzato meglio di una festa patronale.

Con lei non si scherza: cucina il passato, serve il futuro, giudica il presente in un solo sguardo. È affettuosa, certo. Ma secondo le sue regole. Ti ama profondamente, ti protegge a distanza ravvicinata… e non dimentica nulla.

È la matriarca, la regina del silenzioso “l’avevo detto io”, la colonna portante dell’intera narrazione familiare.

In poche parole: novant’anni, mille ricordi. Una sola certezza: la famiglia è sacra, e le carte si danno solo quando lo decide lei.


Profilo n.6: Federica, con nuvola incorporata

Federica non è un’amica. È una sorella acquisita, una costellazione stabile in un cielo spesso instabile. Ha uno sguardo che va oltre e un cuore che sembra distratto ma registra tutto.

L’ha attraversata un rumore, uno di quelli che cambiano la traiettoria interna. Eppure è rimasta in piedi, o meglio, ha imparato a camminare sulle crepe con la grazia di chi sa dove non mettere il piede.

Ogni volta che la vita le regala qualcosa di bello, puntuale arriva anche la tragedia che incombe. Non è sfortuna: è il suo equilibrio naturale. Una gioia piena sarebbe troppo semplice.

Ride con gli occhi lucidi, abbraccia senza stringere, protegge senza invadere. Ti capisce prima che tu parli, e se taci, resta. Non se ne va. Mai.

È la persona che resta quando tutto crolla. Anche se nel frattempo, ovviamente, ha dimenticato le chiavi.

In poche parole: ti salva a modo suo con una frase assurda, una risata spezzata e una presenza che non chiede permesso. Ma c’è. Sempre.


Profilo n.7: Alberto e Giordana, esseri in divenire (con DNA infiammabile)

Loro sono ancora in fase di definizione. Un po’ bambini, un po’ prototipi futuristici. Ma già si vede: hanno tra il 70 e il 90% dei miei geni, il che spiega molte cose. Tipo il volume. E le battute sarcastiche a colazione.

Alberto ha lo sguardo di chi comanda senza gridare. È coraggioso, testardo, teatrale quanto basta e con un senso della giustizia tutto suo, che si applica solo quando lo decide lui.

Sa essere leader anche in pigiama, guida spedizioni verso la cucina con lo stesso carisma di un generale, e se qualcosa non va… si indigna con grande dignità.

Ha un cuore enorme che però custodisce con orgoglio felino. Ti abbraccia se sei triste, ma solo dopo aver controllato se ne vale la pena.

Giordana è la cometa: arriva, illumina, dice tutto (anche quello che stavi cercando di evitare) e poi riparte verso nuove scoperte, tipo il cassetto dei cucchiaini o il mistero del perché il cielo è blu.

Ha una libertà interiore incontenibile e un ottimismo da guerriera: se cadi, lei ti dice “tanto lo rifacciamo meglio”. Ama, urla, inventa, corre. E ogni tanto si ferma. Ma solo se la corrompi.

 Sono diversi, complementari, incendiari. Hanno preso molto da me. E per fortuna, anche qualcosa che mi supera.

In poche parole: stanno crescendo. Ma già fanno rumore, luce, e rivoluzioni in formato mignon.


Se è vero che chi profila… si rivela, allora eccoci qua. In mezzo a queste persone che amo e che a volte mi esasperano c’è anche il mio riflesso.

Mi riconosco nelle indecisioni di Adriano, nella furia razionale di papà, nell’invadenza coreografata di mamma, nei silenzi eleganti di mio fratello, nelle cicatrici gentili di Federica, nelle bische emotive di nonna e nelle rivoluzioni giocose di Alberto e Giordana.

Sono una miscela instabile e rumorosa, con il vizio di osservare troppo, di sentire tutto, e di raccontare anche quello che non serve ...o meglio, che serve a me!

Non sono oggettiva. E non mi interessa esserlo.

Li ho descritti come si fa con i luoghi del cuore: esagerando, sorridendo, proteggendoli anche quando li prendo in giro. Perché l’ironia, in fondo, è il mio modo preferito per non scappare.

E forse, scrivendo di loro, ho fatto quello che in fondo mi riesce meglio: parlare di me… senza mai mettermi in mezzo, ma lasciandomi intravedere in ogni riga.

Profilare è un’arte. Ma farlo con chi si ama è soprattutto un modo per restare.

E io, con loro, resto. Anche quando cambio forma.

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