Decibel e decenza. Diario sonoro da Capri.
- giorgia dublino

- 21 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 30 apr
Premessa inutile (ma vera).
A dirla tutta, e onestamente, questo articolo nasce per colpa di papà e Adriano. Erano le 14:02.
Due minuti dopo la soglia del lecito. Il momento in cui, a Capri, il suono di un trapano smette di essere un’attività domestica e diventa un’offesa personale all’intero ecosistema isolano. Loro, ignari della fine del mondo imminente, stavano montando un pannello sul terrazzo. Un pannello. Che vibrava, sì. Che faceva rumore, certo.
Alle 14:05, un vigile si affaccia (alza la testa!) con la gravità di un pubblico ministero in toga invisibile: “Ma lo sa che è vietato usare attrezzi rumorosi?” Lo so. Lo sanno. Eppure erano solo due uomini, un terrazzo, e un pannello da sistemare.
Da quell’attimo minuscolo, eppure immenso è nato tutto questo.
Un articolo. Una riflessione. Un piccolo atto di resistenza acustica.
Perché l’ordinanza comunale parla chiaro. Sul calendario caprese, le ore concesse al rumore domestico sono poche, rigidamente circoscritte tra le 10:00 e le 14:00.
Poi basta. Dalle 14:01 in poi, puoi solo fare il falegname in penitenza. Geppetto a mano, lo chiamo io: martellini in feltro, scalpelli in cotone. Niente trapani, niente betoniere, niente “toc” che echeggiano tra le aiuole del silenzio protetto... neanche dopo le 16.00/17.00!
E non è tutto: nei mesi estivi (luglio e agosto), le regole si stringono come un corsetto acustico.
Nel cuore dell’estate, qualsiasi attività edilizia viene sospesa: la casa può crollare, ma deve farlo in silenzio.
Insomma, a Capri non si ristruttura: si medita la muratura.
A Capri il silenzio non è solo d’oro: è vigilato, misurato, verbalizzato. In questo paradiso incantato, dove il mare canta ma il tuo cane no, ogni suono emesso oltre la soglia del respiro trattenuto è potenzialmente illegale.
Bolt, golden retriever dal cuore d’oro e dalla voce piena, abbaia alla porta: reato. Un ladro entra? Silenzio. Ma se il cane lo segnala, scatterà l’intervento: non dei carabinieri, ma dei vigili urbani. Il messaggio è chiaro: a Capri, puoi essere derubato, ma fallo in silenzio.
Così come se alcuni bambini giocano in casa e si sente una risata è troppo. Arriva la minaccia di una chiamata ai vigili, come se si trattasse di un rave clandestino nella cameretta. Il gioco (attività naturale, educativa, rumorosa per vocazione) viene equiparato a una turbativa dell’ordine pubblico. E così, mentre i piccoli costruiscono castelli con i Lego, gli adulti costruiscono dossier per l’esposto.
E poi c’è lui: papà. Sordo come il campanile, ma con una voglia di sentirsi ancora parte del mondo. La televisione è il suo ponte con la realtà. Ma quel ponte, per Capri, è un viadotto per l’inferno. Volume troppo alto? Ecco la nuova frontiera: il diritto all’informazione vs. la quiete pubblica. Chi vincerà? Probabilmente la segnalazione.
E quindi ti alleni a sussurrare anche i pensieri, far abbaiare Bolt in codice Morse… compri cuffie per papà e provi ad Insegnare ai tuoi figli a giocare in modalità stealth (e poi chiediti perché da adulti saranno ansiosi).
Il rumore non è sempre un nemico. A volte è solo vita che si fa sentire. Forse Capri ha bisogno non di meno suoni, ma di più ascolto.
A Capri, il silenzio non è solo un valore. È una religione.
I rumori – anche quelli più affettuosi – vengono trattati come atti di terrorismo sonoro. Qui il vero lusso non è il panorama, ma la possibilità di tossire senza ricevere una diffida.
Eppure, noi resistiamo. Noi, popolo rumoroso ma innocuo. Noi, con Bolt, con i bambini, con papà e il suo volume a palla.
Bolt abbaia. Perché è un cane. Perché è felice. Perché vede un gatto, il postino o un pensiero sospetto passare per strada.
Ma a Capri, ogni abbaio è una dichiarazione di guerra.
In pochi minuti, il rumore del suo entusiasmo si trasforma in: 2 telefonate alla Polizia Municipale, 1 email al sindaco (oggetto: “EMERGENZA ABBAIO”) e 3 post indignati su Facebook (“Non è più la Capri di una volta!”)
Bolt, ignaro, continua. Fiero. Rumoroso. Libero. Un partigiano peloso del diritto all’emozione.
I bambini giocano. Uno ride. Un altro urla “goal!”. Una bambina canta una canzone di Oceania.
Errore.
Un vicino minaccia: “Se non la smettete, chiamo i vigili”.
Il reato? Essere vivi sotto i 10 anni. Senza cuffie.
Sulla soglia dell’infanzia si spalanca il burrone del “disturbo alla quiete pubblica”.
E dire che giocare rumorosamente era, fino a ieri, la definizione stessa di crescere.
A Capri, anche l’aria ha paura di fare rumore.
Una foglia che cade è accolta con indulgenza, ma solo se atterra in silenzio. Il mare può infrangersi contro gli scogli, purché resti sotto i 40 decibel. Gli esseri umani, invece, sono tollerati con riserva.
Capri è bella, lo sappiamo. Ma non possiamo lasciarle togliere la voce.
Ogni famiglia fa rumore, perché ogni famiglia è vita.
I cani abbaiano, i bambini ridono, i nonni alzano il volume, e va bene così.
Anzi, è perfetto così.
Il vero disturbo non è il suono. È l’intolleranza.
Accettiamo che ogni giorno quest’isola venga invasa da un turismo spesso distratto, chiassoso, a volte irrispettoso, che però va bene così, perché “porta economia”.
Accettiamo che lo sbarco sia a pagamento (2,50€, 5€, 7,50€) ogni anno aumentano, ogni anno nessuno capisce bene dove vanno a finire.
Eppure, noi... che qui siamo cresciuti tra le mura ereditate dai nonni, quando Capri era ancora una voce bassa e gentile nel Mediterraneo, accettiamo tutto.
Accettiamo persino di attraversare la piazza con il fiato sospeso.
Ma guai ad alzare il volume della nostra voce, della nostra presenza. Guai a dire che forse, tra lo yacht e la quiete, ci sarebbe spazio per un cane che abbaia e un bambino che canta.
Accettiamo anche che la funicolare non sia affidabile nemmeno su carta. Sulla tabella c’è scritto: ultima corsa alle 21:20. Ma “alle 21:20” a Capri non è un orario: è un’ipotesi filosofica. “Eh signò… se ne parl’ domani.” Domani. Come se il tempo degli abitanti non valesse quanto quello dei turisti.
E accettiamo. Per forza. Per abitudine. Per rassegnazione.
Perché “tanto è sempre stato così”.
Eppure qualcosa, dentro, inizia a fare rumore.
Non un rumore fastidioso.
Un rumore giusto.
Ecco una selezione di ordinanze creative, che, a dirla tutta, sembrano già in vigore per come vengono applicate informalmente. Le riporto in anteprima per i posteri:
Ordinanza n. 666/2025
È vietato pensare ad alta voce, anche tra sé e sé, in quanto vibrazione potenzialmente udibile da coscienze acusticamente sensibili.
Ordinanza Bolt-bis
I cani possono abbaiare solo se prima muniti di silenziatore fonoassorbente e se il latrato rientra in una tonalità armonica con la fauna locale.
Decreto urla&biberon
Bambini sotto i 3 anni potranno emettere versi solo in tonalità neutra, a volume regolato da app municipale (scaricabile previa iscrizione SPID).
DPCM volume dignitoso
I cittadini over 65 possono guardare la TV solo se accompagnati da interprete LIS che mima i programmi senza audio.






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